Dall'altra parte del vetro: scopriamo i nostri redattori di Radio Radicale
MELTING - POT é un programma che ha come scopo, di aprire una finestra di tipo politico e socio-culturale sul mondo africano, luogo di antiche tradizioni e di diaspore dalle origini lontane, ed a volte con conflitti mai risolti. Oltre a questo, l'attenzione sarà rivolta anche agli incontri internazionali, sulle tematiche e problematiche non solo africane, ma anche del mondo.
- Questa rubrica di Mohamed BA, sarà arricchita con documenti audio e video relativi a convegni o servizi, interviste, notizie di agenzie e quanto altro possa servire a contribuire alla conoscenza, alla Ri-conoscenza e alla difesa delle espressioni culturali- universali.
- Un augurio di buona navigazione, nel approfondire la ricerca, nei "meandri" della antropologia culturale africana e occidentale. Ed ai "profani" l'augurio di scoprire l'altra faccia del Metissaggio culturale-Universale.
La cifra, scaturita dal rapporto 2004 di “Amnesty international” sulla pena di morte, è spaventosa: la Cina ha eseguito almeno 3 400 esecuzioni capitali l’anno scorso. Una cifra senza dubbio sottovalutata: secondo altre fonti, il numero reale delle esecuzioni si avvicinerebbe in realtà a 10 000. Secondo la detrazione di Amnesty, un minimo di 3 797 persone sarebbero state uccise l’anno scorso in venticinque paesi. Il secondo totale più elevato di questi venticinque ultimi anni, dopo quello del 1996
(4 272 esecuzioni).
Si può concludere che la pena di morte ha il vento in poppa ? No, veramente, perché la causa dell’abolizione progredisce. Circa centoventi paesi hanno soppresso, sui testi, e praticamente la pena capitale, di cui buon numero in Africa, l’ultimo di data è il Senegal che aveva proceduto, ben vero, a due esecuzioni nella sua storia, quella di Moustapha Lò, nel 1965, per un tentativo di omicidio sulla persona del presidente Senghor, e quella, nel 1967, di Abdou Ndaffa Faye, l’assassino di Demba Diop, il sindaco di M’bour.
Quattro paesi, la Cina (3 400), L’Iran (159), il Vietnam (65) e gli Stati- Uniti (59) sono all’origine del 97% delle messe a morte censite l’anno scorso da Amnesty. Malgrado le moratorie decise in certi Stati americani, come l’Illinois, il numero delle esecuzioni restano praticamente immutate da un anno all’altro (65 nel 2003). Il Texas, terra di elezione di George W. Bush, resta in testa nell’ albo degli stati “serial killer”, con 23 esecuzioni. Certe esecuzioni hanno d’altronde riguardato dei condannati minorenni al momento dei fatti o di inefficienti mentali. Con gli Stati-Uniti, c’è il Giappone, dove la morte é stata data due volte, con l’impiccagione. E’ l’altra democrazia rimasta attaccata al castigo supremo.
I monarchi del Golfo, che praticano, con un lusso di crudeltà (decapitazione con la spada, lapidazione…) nel caso dell’Arabia saudita, la pena di morte, sono “ben rappresentati” nella classifica di Amnesty. Almeno 9 condanne sono state eseguite nel Kuwait, triste record per un piccolo paese di 300 000 abitanti. E almeno 33 lo sono stati nel 2004 nella feudale Arabia saudita, dove si può eseguire per dei motivi a volte futili. Se i Somali, colpevoli solamente di furti di limousine, sono stati così uccisi, dato appreso…il 5 aprile 2005, giorno della pubblicazione del rapporto. I loro processi si sono tenuti a porte chiuse, e gli accusati non hanno potuto beneficiare dell’assistenza di avvocati. I due terzi delle esecuzioni riportate nel regno “Wahhabita” riguardavano degli stranieri…
Altri paesi arabi sono spillati da Amnesty: l’Iraq, che ha ristabilito la pena di morte nel 2004, lo Yemen, che ha proceduto almeno a 6 esecuzioni, il Libano (almeno 3), la Siria (almeno 2), il Sudan (idem), la Giordania (1), e soprattutto l’Egitto, che si distingue nel seno dell’Africa del Nord, poiché é il solo Stato ad aver applicato la pena capitale l’anno scorso, e almeno sei altre volte. Più di 200 condanne a morte sono state eseguite nel paese di Moubarak tra il 1991 al 2000.
All’inverso, gli Stati del Maghreb centrale osservano tutti una moratoria di fatto.
Le ultime esecuzioni risalgono al 1993 per l’Algeri e il Marocco. Un dubbio libra sulla prolungazione di questa moratoria nel regno dello sceriffo, poiché quattro membri della “Salafiya Jihadiya”, implicati negli attentati di Casablanca del 16 maggio 2003, sono stati condannati a morte nell’agosto dello stesso anno, e nel dicembre 2004 il tribunale di Agadir ha inflitto un castigo identico all’uccisore pedofilo responsabile dell’omicidio di 9 bambini. L’emozione provocata da questi due vicende spiega senza dubbio la severità dei giudizi. Sarà seguita con effetto ?
In rivincita, la giustizia “mauritanese” si é astenuta di pronunciare una sola condanna a morte contro degli accusati del sanguinante tentativo di “putsh” del giugno 2003, a “Nouakchott” (Mauritania). La posizione della Libia é più ambigua. Mouammar Kaddafi dice e ripete dal 1988 la sua opposizione alla pena capitale, ma ha cinicamente lasciato ai suoi giudici condannare 2 universitari colpevoli di appartenere ad un movimento “islamista”, cinque infermiere bulgare ed un medico palestinese dell'ospedale di Bengasi, accusati, inverosibilmente, di aver volontariamente contaminato 426 bambini con il virus dell’HIV.