MELTING-POT   "Métissage Culturel - Universel"
"Metissaggio e dialogo delle culture"

MELTING - POT é un programma che ha come scopo, di aprire una finestra di tipo politico e socio-culturale sul mondo africano, luogo di antiche tradizioni e di diaspore dalle origini lontane, ed a volte con conflitti mai risolti. Oltre a questo, l'attenzione sarà rivolta anche agli incontri internazionali, sulle tematiche e problematiche non solo africane, ma anche del mondo.

- Questa rubrica di Mohamed BA, sarà arricchita con documenti audio e video relativi a convegni o servizi, interviste, notizie di agenzie e quanto altro possa servire a contribuire alla conoscenza, alla Ri-conoscenza e alla difesa delle espressioni culturali- universali.

- Un augurio di buona navigazione, nel approfondire la ricerca, nei "meandri" della antropologia culturale africana e occidentale. Ed ai "profani" l'augurio di scoprire l'altra faccia del Metissaggio culturale-Universale.

EGITTO - Moubarak fa un gesto democratico

Il presidente egiziano Hosni Moubarak ha sempre mantenuto lo stato di emergenza dall’assassinio del predecessore, Anouar al Sadate, nel 1981. D’allora, un parlamento ai suoi ordini ne ha fatto l’unico candidato alla rielezione , confortato dai referendum organizzati con un miscuglio di paternalismo e di coercizione . Le forze armate e i sevizi di informazioni sono i pilastri del regime in quasi tutti i paesi arabi.
Ma l’Egitto, primo paese arabo ad aver firmato la pace con Israele, nel 1979, ed intermediario essenziale da quando, ha il sostegno degli Stati- uniti e dei loro alleati, come la monarchia assoluta e i fondamentalisti che regnano sull’ Arabia Saudita, primo esportatore mondiale di petrolio. Washington ha versato al Cairo una media di 2 miliardi di dollari (1,52 miliardi di euro) ogni anno dal 1979- il cui 1,3 miliardi di dollari di aiuto militare- e annullato più di 20 miliardi di dollari di debito dalla guerra del Golfo nel 1991, nel corso della quale l’Egitto ha supervisionato gli alleati arabi della coalizione che ha cacciato Sadam Hussein dal Koweit .
Dopo l’invasione dell’ Iraq, quando Georges W. Bush ha proclamato alto e forte la sua ambizione di stendere la libertà in tutto il Medio- Oriente, Moubarak ha potuto dirsi che un gesto di andatura democratica avrebbe fatto una impressione alla Casa Bianca e al Congresso, che deve approvare l’aiuto estero. Ma le cose potranno cambiare in Egitto ?
Una Settimane fa, Il Cairo ha buttato in prigione Aymar Nour, un giovane deputato che stava costituendo un partito di opposizione. L’unico movimento che abbia in Egitto delle radici popolari, i fratelli musulmani, é interdetto. Moubarak si piacque spiegare ai suoi visitatori che l’Egitto non é la Scandinavia. Sviluppiamo prima una classe media, dice, e avremo allora della gente con il quale dialogare. Non é del puro “bla-bla”. Nella campagna che ha percorso per reprimere un sollevamento “islamista” Moubarak ha fatto il vuoto sulla scena politica, lasciando agli oppositori che una moschea come punto di adesione e delle prospettive teocratiche. Tutto quello che farà rimuovere questo dispotismo fisso, é dunque positivo, e può creare una dinamica che anche una dittatura così ancorata e godendo di tali sostegni esteriori, non potrà interamente controllare. Ma il progresso sarà minore se l’apertura non si accompagna ad una fioritura di partiti legali e dei media indipendenti, e della fine dell’oppressione politica. (F.Times) UK.