MELTING-POT   "Métissage Culturel - Universel"
"Metissaggio e dialogo delle culture"

MELTING - POT é un programma che ha come scopo, di aprire una finestra di tipo politico e socio-culturale sul mondo africano, luogo di antiche tradizioni e di diaspore dalle origini lontane, ed a volte con conflitti mai risolti. Oltre a questo, l'attenzione sarà rivolta anche agli incontri internazionali, sulle tematiche e problematiche non solo africane, ma anche del mondo.

- Questa rubrica di Mohamed BA, sarà arricchita con documenti audio e video relativi a convegni o servizi, interviste, notizie di agenzie e quanto altro possa servire a contribuire alla conoscenza, alla Ri-conoscenza e alla difesa delle espressioni culturali- universali.

- Un augurio di buona navigazione, nel approfondire la ricerca, nei "meandri" della antropologia culturale africana e occidentale. Ed ai "profani" l'augurio di scoprire l'altra faccia del Metissaggio culturale-Universale.

Africa Occidentale: Una comunità che si ricerca“Quale Comunità In Africa Occidentale” ?

“Che sarà dell’avvenire per questa parte dell’Africa che non può più rimanere quello che era prima?”
Due figure simili che si confrontano!


Dal 14 al 20 dicembre il presidente ivoriano, Félix Houphouet Boigny, ha effettuato, per la prima volta nella sua esistenza, un viaggio ufficiale nel Senegal. Rendeva così , due anni dopo, la prima visita ugualmente ufficiale che il presidente Léopold Sédar Senghor aveva effettuato, nel 1971, in Costa d’Avorio.

L’avvenimento è di notevole importanza: è stato così lungamente riportato quanto basta per attestarlo. Per anni, i due “leaders” dei due principali paesi dell’Africa occidentale sono stati, se non avversari, almeno ingaggiati su delle vie differenti.Nel 1946, a Bamako, durante il congresso costitutivo dell’ RDA, il partito andava a giocare un ruolo importante nel processo di decolonizzazione.Lépold Senghor non era presente all’appuntamento. Il Partito dell’Assembramento africano, che animava e che si voleva federalista, si opponeva in quel momento al “Rassemblement- démocratique” le cui tendenze nazionaliste andavano presto a rivelarsi più potenti che le aspirazioni all’unione. In effetti, il Senegal, la cui relativa potenza reggeva di più sulla sua situazione di centro amministrativo della federazione d’Africa occidentale che sulle sue ricchezze materiali, si augurava di restare a capo.

La Costa d’Avorio, da parte sua, prevedeva soprattutto di trarre parte delle sue importanti possibilità, rifiutando di diventare la provincia lontana di un sistema che rischiava di scappargli.“Ho il dispiacere, ha dichiarato, a Dakar Senghor a Houphouet- Boigny, di non aver saputo, nell’occasione del congresso di Bamako, ascoltare l’appello dell’Africa prima di ogni altra cosa. A voler ascoltare l’appello del mio partito, dimenticavo che il mio primo partito è quello dell’Africa…”Finì dunque PRA, RDA e le vecchie querelle.

Oggi, si discute di “potenza in potenza”, tra le due teste di ponte dell’insieme, detto francofono, che si estende , all’interno del continente, dal Sahel fino alla foresta equatoriale: da un lato l’Organismo della messa in valore del fiume Senegal (OMS, ndr), che riunisce, intorno al Senegal, la Mauritania, il Mali e presto, il Gambia; dall’altra il Consiglio dell’Intesa con, oltre la Costa- d’Avorio, l’Alto- Volta (oggi Burkina-Faso, ndr), il Niger, il Togo e il Dahomey (Benin oggi, ndr). Tra i due sistemi, un nocciolo duro difficilmente assimilabile : il gruppo Guinea-Liberia- Sierra-Léone e anche la Guinea-Bissau che le necessità della lotta “anti-coloniale” la costringono ad una grande prudenza.

Ma non è tutto : al nord, la Mauritania che partecipa nel sistema “che dalla punta delle labbra” . Avendo lasciato la “Zone -Franc” e consolidato i suoi legami con i paesi “maghrebini”, questo paese intende partecipare ai progetti regionali di sviluppo senza lasciarsi travolgere nelle forme di espressione politica che non li riguardano direttamente . Nel sud-est, la situazione è più confusa ancora: il Togo e il Dahomey non circolano che con molte precauzioni nelle arcane del Consiglio della Intesa L’Entente), e il Niger, di questo fatto, si sente pericolosamente isolato. Nel surplus, bisogna tenere conto dell’esistenza di questa enclave di peso che costituisce il Ghana e di un polo di attrazione considerevole : la Nigeria che, sebbene fragile per i suoi problemi interni, non dispone meno di risorse petroliere considerevoli, corrispondenti ad una produzione dell’ordine di cento milioni di tonnellate all’anno, al servizio della voracità di una borghesia nazionale meno affascinata dalla potenza americana.

A quindici o a otto?

Finché le barriere economiche e linguistiche generate dalla colonizzazione restarono sufficientemente solide, era relativamente facile colmare i varchi che potevano prodursi, di qui- di là, lo stesso, finché la potenza economica di Dakar equilibrava quella di Abidjan, una certa rivalità rimaneva concepibile. Invece, oggi, nè quelle barriere nè questo equilibrio sussistono. L’ingresso della Gran - Bretagna nella CEE , ha aperto ai paesi del “Commonwealth” le porte del mercato europeo mentre la crescita ivoriana, qualunque che siano le riserve si possono fare sul suo vero carattere, le sue finalità e il tipo dei suoi beneficiari, modificavano notevolmente i dati del problema.
Di conseguenza, le affinità e gli interessi comuni dovranno inevitabilmente prendere il passo sulle divergenze. Da quel momento, diventava indispensabile trovare un nuovo cemento suscettibile ad impedire le forze centrifughe, o delle forze centripete, di un carattere differente, di prendersi il gioco.

Questo nuovo cemento, fu la Comunità Economica dell’Africa dell’Ovest (CEAO), riunendo, nello spirito dei suoi promotori, l’insieme della regione del Fiume Da una parte, del Consiglio dell’Intesa dall’altro.
Sì! Ma, ecco, l’operazione si avverò presto come un mezzo - successo perché essa richiamò subito una contro - offensiva, svolta dal Ghana e dalla Nigeria, con la complicità più o meno espressa del Togo e del Dahomey e sotto l’occhio benigno della Guinea, della Liberia e della Sierra- Leone. Una comunità economica? D’accordo, ma allora a quattordici paesi, i quattordici paesi dell’Ovest, e oggi, a quindici, con l’emergenza della Guinea- Bissau sulla scena internazionale. “Abbattiamo le frontiere della colonizzazione, le false barriere linguistiche. Presentiamoci come un solo blocco, con la nostra tariffa estera comune, i nostri unici “porta-voce”, un blocco all’interno del quale gli uomini, le merci e i capitali potranno circolare senza ostacoli ! “

Che tutto ciò non vada senza un secondo fine, e la preoccupazione di difendere gli interessi locali abbia spesso più importanza che l’ideale comunitaria, è incontestabile. Ma la proposta disponeva di una dinamica interna sufficiente per fare il suo cammino. E per questo, alla ora stessa in cui, a Dakar, Félix Houphouet Boigny e Léopold Sédar Senghor situavano al centro dei loro colloqui l’avvenire di una CEAO, di cui il Senegal e la Costa d’Avorio avrebbero costituito i due pilastri, non lontano da lì, a Lomé, una riunione a gradini ministeriali dei quindici paesi dell’Ovest africano, di conseguenza, il Senegal e la Costa d’Avorio, tentavano di gettare le basi di una futura CEOA (Comunità economica dell’Ovest africano).

CEOA a quindici o CEOA a otto ? Per ora, si vede, l’ambiguità resta intera. Nel momento che si apriva la riunione di Lomé, il presidente Senghor, ricevendo a Dakar il nuovo ambasciatore della Nigeria, ricordava che per lui l’apertura della CEOA degli otto avrebbe dovuto sboccare sulla creazione di un ampio insieme partendo da Nouakchott (Mauritania) a Kinshasa, facendo pendente alla Federazione dell’Africa orientale. Una tale prospettiva sembrò escludere a priori ogni tentativo di comunità a quindici, non sarebbe stata che tappa transitoria.

Da parte sua, il ministro delle Finanze dell’Alto- Volta, M. Garango, dichiarava al suo ritorno da Lomé che a suo avviso il problema non si poneva in termini di scelta tra la CEAO e la CEOA, dato che la conferenza della CEOA (quella dei quindici) aveva per scopo “di mettere i principi che avrebbero guidato la “messa in piedi” di una comunità allargata. Questa nuova organizzazione, aggiungeva M. Garango, non è incompatibile con la comunità che abbiamo costituito (quella degli otto) nel momento che il trattato firmato ad Abidjan prevede che sia aperta a tutti gli Stati dell’Africa dell’Ovest.”

Delle carte per il futuro

Qualunque cosa sia, d’altronde, gli otto non sono già che sei dato che il Togo e il Dahomey, rimanendo membri del Consiglio dell’ “Entente”, hanno deciso di non impegnarsi di più in questa affare. Quanto alla Nigeria, se è da credere all’editorialista di uno dei suoi principali organi di stampa, il “New Nigeria”, si considera che l’unione dei quindici non potrà realizzarsi “ che nella condizione di tagliare il cordone ombelicale, che in questo momento, lega gli Stati di questa regione ai loro vecchi maestri coloniali., quello che implicherebbe, tra gli altri, l’uscita della Nigeria, del Ghana, della Gambia e della Sierra-Leone dal “Commonwealth” così come la dissoluzione dell’OCAM”.

Si comprende che, di fronte ad una situazione così complessa, i dirigenti senegalesi e ivoriani si siano astenuti di fare la minima dichiarazione troppo tranciata. Attendere e vedere, concertandosi continuamente sembra essere attualmente la loro linea di condotta: Attendere il risultato degli attuali negoziati Africa-CEE, attendere che si evolvi la situazione nel Medio – Oriente, vedere come si comporteranno i loro “partners” i più reticenti (Mauritania, Togo e Dahomey) così come i più svantaggiati (Alto –Volta, Mali e Niger), questo senza dimenticare che la presenza della Guinea-Conakry nel gruppo dei quindici non manca di provocare delle lacerazioni.


Infatti, nel punto dove siamo, nessuno osa pregiudicare l’avvenire, il principale pensiero, è di accumulare più carte possibili per essere ben piazzati al momento delle future rimesse in ordine, tali che siano. Una sola cosa, oggi, sembra certa : l’anno 1974 non scorrerà senza che profondi cambiamenti si producano in Africa occidentale. Da questo, tutto il mondo è perfettamente cosciente . Ma il numero di soluzioni possibili è ancora sufficientemente ampio purché nessuno possa dire ancora nell’immediato, che ha più chance per imporsi.
CEAO, CEOA ? Quello che resta da definire, è la politica che intendono svolgere l’uno o l’altro di questi raggruppamenti ed è qui l’unico punto che ciascuno si è ben conservato, finora, di affrontare.

Così ce lo descriveva Jacques Vignes di “Afrique- Asie” trent’anni fa .